La terapia dei tumori tiroidei nella maggior parte dei casi è chirurgica. A seconda del quadro clinico ed ecografico, può essere proposto uno di questi due tipi di intervento:
– Loboistmectomia tiroidea
– Tiroidectomia totale
La loboistmectomia consiste nell’asportazione di metà della tiroide (lobo destro o lobo sinistro) e dell’istmo.
La tiroidectomia completa consiste nella rimozione della ghiandola in toto.

In ambito oncologico la scelta tra i due tipi di intervento dipende dal bilancio tra il rischio di complicanze (la loboistmectomia riduce notevolmente i rischi) e la necessità di un trattamento radicale, finalizzato a ridurre il rischio di recidive. La scelta viene effettuata sulla base di una serie di elementi (dimensioni del tumore, istotipo, presenza di noduli controlaterali etc.), dal chirurgo e dall’endocrinologo che hanno in cura il paziente.
I candidati all’intervento di loboistmectomia sono generalmente pazienti con tumori di piccole dimensioni, localizzati in un lobo, che non presentano fattori di rischio clinici.
La tiroidectomia totale è invece indicata per tumori di maggiori dimensioni, o in presenza di fattori di rischio clinici e/o di noduli controlaterali.
È sempre necessario sottoporsi all’intervento chirurgico?
In presenza di un agoaspirato che indichi un elevato sospetto di malignità, l’intervento chirurgico è sempre indicato, salvo particolari situazioni legate all’età avanzata del paziente o alla presenza di malattie importanti.
In alcuni Paesi (ad es. Giappone, Corea del Sud) viene proposto il monitoraggio clinico ed ecografico (“sorveglianza attiva”) a pazienti con tumori di dimensioni inferiori al centimetro e lontani dalla capsula tiroidea. In due ampi studi osservazionali di coorte in Giappone si è potuto osservare come in 10 anni il singolo nodulo maligno subcentimetrico abbia avuto una crescita in solo l’8% circa dei casi e abbia presentato metastasi regionali in circa il 4% dei casi (più frequenti nei pazienti giovani). Ciò significa che più del 90% dei microcarcinomi della tiroide sono rimasti silenti e non hanno presentato carattere evolutivo. L’eventuale trattamento in una fase successiva di progressione della malattia, non ha impattato negativamente sulla prognosi dei pazienti.
In Italia per il momento questo tipo di approccio può essere proposto solo all’interno di protocolli di ricerca, o a pazienti con importanti controindicazioni all’intervento chirurgico.
È possibile trattare i tumori della tiroide con tecniche “mini-invasive”?
La patologia benigna della tiroide può in alcuni casi essere trattata tramite tecniche “mini-invasive”, che consistono nell’ablazione (“distruzione”) del tessuto tiroideo tramite calore. La fonte del calore può essere il laser o la radiofrequenza.
Approfondisci l’argomento sulla pagina dedicata alla Laser o Radiofrequenza.
Dopo l’intervento chirurgico sono necessarie altre terapie?
L’intervento chirurgico è risolutivo nella maggior parte dei tumori della tiroide.
In alcuni tumori differenziati (carcinoma papillare o follicolare), a seconda del quadro clinico e degli esami del sangue, può essere indicata una terapia post-operatoria con radio-iodio, allo scopo di “bruciare” eventuali microscopici residui di tessuto tiroideo sano. Si parla in questi casi di “ablazione del residuo tiroideo”.
La terapia con radio-iodio può altresì essere utilizzata nei casi in cui si sospetti la presenza di minuscoli “foci” di malattia, per ridurre il rischio di recidiva e migliorare la sopravvivenza. In questi casi si parla di “terapia radiometabolica adiuvante”.
Infine, in presenza di malattia nota, evidente e documentabile, nel collo e/o a distanza, la terapia con radio-iodio può essere utilizzata a scopo curativo e/o palliativo.
Nei rari casi in cui la terapia chirurgia e il radio-iodio non sono in grado di controllare la malattia, è necessario ricorrere a terapie locali mirate sulle metastasi a distanza, o a farmaci che rallentano la progressione del quadro. In questi casi è fondamentale che il paziente sia seguito in Centri di riferimento, da specialisti altamente qualificati.
Nei carcinomi midollari la terapia con radio-iodio non è possibile, dal momento che le cellule C non captano lo iodio. Per questi tumori, quando la chirurgia non è risolutiva, le terapie aggiuntive (radioterapia, terapia farmacologica) vengono stabilite dall’equipe multi-disciplinare che ha in cura il paziente.
Autori dell’articolo

dr.ssa Francesca Lira Luce
Chirurgo Otorinolaringoiatra
IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

dr. Diego Barbieri
Chirurgo Otorinolaringoiatra
IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano

dr. Riccardo Maggiore
Chirurgo Specialista in Chirurgia Endocrina
IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano